lunedì 14 settembre 2015

L'Italia che vince a settembre - Parte 2

La sbornia di esultanze dovuta ai successi delle racchette rosa a Flushing Meadows (vedi post) ha forse fatto passare in secondo piano quella che è stata un'altra grandissima impresa. Si cambia continente, si torna in Europa; e si cambia sport, passando al ciclismo. Ieri a Madrid è andato in scena l'ultimo atto dell'edizione 2015 della Vuelta a España ed è stato il grande giorno di Fabio Aru. Il giovane ciclista sardo è riuscito nell'impresa di vincere la sua prima grande corsa a tappe, avendo la meglio su un'agguerrita concorrenza: il fresco vincitore del Tour Chris Froome, il vincitore del Giro 2014 Nairo Quintana e l'indomito scalatore catalano Purito Rodriguez. Aru succede quindi sul trono della Vuelta, per quanto riguarda i ciclisti nostrani, ad Angelo Conterno, Felice Gimondi, Giovanni Battaglin, Marco Giovannetti e Vincenzo Nibali.

All'arrivo di Cercedilla, conscio della propria vittoria (fonte: roadbikeaction.com)

Il talento di Aru era fuori discussione, e l'ha dimostrato in più di una occasione durante le grandi corse a tappe, sia nelle ultime due partecipazioni al Giro d'Italia che alla Vuelta 2014. Aru ha ottenuto sull'asfalto spagnolo la consacrazione definitiva come grande protagonista del futuro e personaggio in grado di raccogliere le redini del ciclismo italiano nelle corse a tappe dopo le affermazioni (che tutti si augurano non siano ancora finite) di Nibali. La Vuelta è stata un'ottima dimostrazione di classe, perché la concorrenza, come già detto, era notevolissima: oltre ai tre citati precedentemente, ai nastri di partenza della Vuelta 2015 si sono presentati anche corridori del livello di Valverde, Nibali e Majka. Senza dimenticare l'olandese Tom Dumoulin, grande sorpresa di questa corsa: tenace in salita, dove ha saputo egregiamente limitare i danni, ha fatto valere la sua forza nelle prove contro il tempo, ed è stato infine l'osso più duro da superare per Aru.

A Madrid, con il simbolo del trionfo (© Javier Lizon/EPA)

Anche il percorso ha reso ancora più importante l'affermazione di Aru. Tanti gli arrivi in salita (nove!), alcuni di essi durissimi, come quelli a Cortals d'Encamp e a Cercedilla, dove Aru non ha trionfato ma ha fatto la differenza sui suoi rivali e costruito la conquista della roja. La prova a cronometro ha invece affermato che c'è molto da lavorare, ma si può sperare in un futuro molto radioso. Il ciclismo italiano ha fame di nuove vittorie, e sono tanti gli italiani che attendono nuovamente di sentire l'inno di Mameli sugli Champs Elysées.
Bis bald!
Stefano

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