venerdì 30 gennaio 2015

Becoming expat: sconvolgimenti in ufficio

Ciao a tutti!
Dopo quasi quattro mesi di lavoro in Germania, di differenze sul mondo del lavoro ne ho viste eccome. Un abisso, la definizione migliore. Sotto tutti gli aspetti, ambientale, economico e relazionale.
Tanti, per non dire quasi tutti, mi chiedono se si guadagna veramente di più. I più schietti (o indiscreti) domandano a quanto ammonti il mio salario. Ovviamente non lo dirò in queste righe, così come non lo divulgo ad altri. Ma posso dire che guadagno come in Italia...con un fattore moltiplicativo di 1,7-1,8. Prime differenze che emergono, ovviamente con grande piacere, alla fine del mese. Per non parlare dell'aumento che scatta a gennaio di ogni anno, in cui ci si ritrova una busta paga più ricca (qualche punto percentuale) grazie alla contrattazione sindacale, qui condotta in modo serio e costruttivo, a differenza che in Italia. E come dimenticare il bonus che va ad arrotondare il salario in base alla propria performance sul posto di lavoro?
Qualcuno potrebbe obiettare: già, e la tredicesima? Il premio di produzione? "In Germania non ci sono", sento dire. E invece no, solo vengono chiamate con un altro nome, Urlaubsgeld e Weihnachtsgeld. Il "denaro delle ferie" e il "denaro di Natale" sono le espressioni qua usate. Potrebbe essere superfluo affermarlo, ma anche questi bonus sono in senso sia relativo che assoluto superiori rispetto ai corrispettivi italici.

Schweinfurt e parte della sua area industriale (fonte: rhoenballon.de)

Il tempo ha un valore molto importante in Germania. Se si deve lavorare per soddisfare le esigenze dell'azienda e dei suoi clienti, si lavora. Senza ritmi forsennati, anzi, ma con la velocità che serve per concludere l'attività nella maniera migliore. Se lavorare non serve o non c'è una vera necessità, non ci sarà nessuno che fa a botte per portare a casa un po' di straordinario. Quello dello straordinario è un concetto che qui non viene quasi minimamente concepito. Dove lavoro io viene registrato ogni singolo minuto di presenza. E tutti quelli in eccesso possono essere utilizzati per accumulare ulteriori ferie o ore di uscita anticipata. In passato avevo addirittura sentito che la BMW paga un quarto d'ora ai suoi dipendenti che inviano mail di lavoro in orario extra-lavorativo. Qualcosa fino ad ora inconcepibile. Una parte di questo eccesso viene "trattenuto" dall'azienda. Ingiustizia? No, tutt'altro. C'è crisi? Si sta in ferie grazie a queste ore "trattenute". Qui non c'è la cassa integrazione, l'imprenditoria privata è per l'appunto, privata, e non deve reggersi sui sussidi statali. Frau Merkel non fa sconti.

Dati sulla disoccupazione in Germania aggiornati al 2013 (fonte: wikipedia.de)

Probabilmente quello che più mi ha sconvolto è la fiducia che si instaura tra azienda e lavoratore. Durante il primo giorno di lavoro, nel colloquio introduttivo, il nostro capo del personale ci ha detto che nel caso un giorno ci alzassimo con qualche malessere, si può stare a casa senza problemi. Basta telefonare al proprio superiore e dire lui ich bin krank, "sono malato". Senza certificati medici, quelli bisogna fornirli dopo i tre giorni di assenza per malattia. Ora, io ho provato ad immaginare una tale possibilità in un ufficio statale del Meridione. Io l'ho immaginato nella paralisi, tutti a casa indisposti.
Ah, dimenticavo gli innumerevoli benefici di cui godono le madri: l'orario part-time è elargito senza troppi problemi e sono molti i "benefit" a disposizione delle mamme nel caso debbano occuparsi dei loro figli. Facciamo un esempio dal quale sono rimasto sconvolto: una lavoratrice può usufruire della maternità fino a tre anni, con una retribuzione pari a due terzi del suo stipendio. Incredibile, ma vero...

Ancora Schweinfurt: l'enorme complesso industriale sulla sponda sinistra del Meno (fonte: rhoenballon.de)

Dunque, ho fatto una bella carrellata di esempi che spiegano i tanti vantaggi del lavorare in Germania. Certo, come ho detto più di una volta, questa terra non è l'eldorado. I problemi ci sono e anche qui si sente un po' l'effetto della crisi. E poi c'è da combattere contro una lingua diversa e tradizionalmente ostica, con persone dallo schema mentale differente, con ritmi totalmente opposti a quelli italiani. Sono fattori non da poco. E ancora oggi, posso dire con certezza che sento ancora forte la mancanza dei miei colleghi. A parte alcune eccezioni, non è facile legare con i miei colleghi. Forse è ancora questione di tempo? Però, come avete potuto leggere, non mi lamento affatto. Qualcuno vuol venire a trovarmi? ;-)
Bis bald!
Stefano

N.B.: quanto scritto è il frutto della mia personale esperienza lavorativa, non la regola assoluta. Non mi assumo responsabilità, ecco.

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