venerdì 22 novembre 2013

Nella mia città, con i miei colori - Il racconto della mia seconda Turin Marathon

Ciao a tutti!
Qualcuno l’ha definita una pazzia correre due maratone nel giro di tre settimane. Può essere. Mai come quest'anno avrei potuto rinunciare a esser lì a Torino, in Piazza San Carlo. La lontananza dell’Italia e della mia città (che in realtà non è mia, ma la considero tale) si fanno sentire, e quindi, perché non riconciliare il tutto con una bella maratona?
Gambe stanche, una cornice incredibile e i colori della mia squadra del cuore sulla pelle. Questo è in breve ciò che è stata la mia XXVII Turin Marathon, il mio quarto confronto con la distanza mitica dei 42,195 chilometri, i più duri di sempre, come sempre memorabili.


Piazza Carlo Felice, inizia l'ultimo chilometro della XXVII Turin Marathon

Ho già raccontato come ho deciso di partecipare (vedi post del 5 ottobre 2013) e anche come avrei affrontato questa maratona (vedi post del 14 novembre 2013), ma mai il perché della scelta del vestiario, che ha sorpreso molti. Beh, è semplice, durante qualsiasi maratona vedi gente conciata nelle maniere più strambe e in quei momenti mi sono ripromesso che prima o poi l'avrei fatto anch'io. Non serve molto: una maglia di una squadra di calcio ed il relativo cappello da giullare. Detto e fatto: arrivo a casa dopo dieci lunghe ore di macchina lungo quattro diverse nazioni e al termine di un susseguirsi delle più svariate condizioni meteo possibili, e cosa faccio? Rispolvero la 21 di Andrea Pirlo e il cappello comprato un anno fa in una bancarella davanti allo Juventus Stadium. È perfetto, vada per il look in pieno black & white.

Piazza San Carlo, ore 9.30: inizia la Turin Marathon!

Mi presento a Torino in veste insolita, con il classico sacco dell'immondizia che mi copre e protegge dal freddo, pronto ad essere buttato via una volta partito. Le sensazioni non sono quelle di sempre, manca l'emozione e la tensione della gara che conta, dentro mi sento molto, molto rilassato. Non sono preoccupato, l'importante è arrivare alla fine, in tre ore e mezza, in quattro o in cinque, non mi importa alcunché. Un po' di riscaldamento approssimativo in Piazza San Carlo, in quanto lo spazio è pochino. Sono quattromila circa i maratoneti, ma più di tre volte tanto sono coloro che si sono iscritti all'evento podistico collaterale, la Stratorino. Al riscaldamento vengo subito inondato di fotografie, il mio look non passa inosservato. Poi all'improvviso mi compare davanti una sagoma di uno spilungone: non ci posso credere, è Bruno, un maratoneta che ho conosciuto l'anno scorso proprio alla Turin Marathon, con il quale condivisi la parte centrale e gli ultimi quattro chilometri. Non è pronto per chiudere la maratona come l'anno scorso (circa 3h21') causa problemi di preparazione, e anch'io non posso ambire ad un buon tempo finale. Allora ci mettiamo d'accordo. Cominciamo insieme, poi vediamo che succede. Lui mi propone di viaggiare ad un ritmo tale da chiudere in 3h35'-3h40', per me andrebbe benissimo.

Il mio arrivo con Luca

Arriva il magico momento dello sparo e subito ecco l'effetto imbuto che crea l'ingresso del popolo della maratona in Via Roma. Primi metri rallentati, ma ben presto Bruno inizia a tenere un ritmo che per me è troppo veloce. Non posso tenere 4'45”/km a lungo, con quel passo chiuderei in 3h21'…lo lascio andare, continuo al mio passo, conscio che arriveranno chilometri durissimi. E non lo vedrò più.

Questa è Torino, questo è il popolo della maratona!

I primi chilometri sulla sponda destra del Po sono meravigliosi, la novità introdotta quest'anno sul percorso è decisamente ben riuscita. Tengo un ritmo ben sostenuto, comunque, mai sotto i 4'55”/km che è un bel correre. Il passo è costante, tranne durante il chilometro 6, dove c'è Giulia, con la sua inconfondibile giacca fucsia, ad aspettarmi. Un bacio veloce e poi si riparte, più veloci di prima. Un piccolo gesto, ma che dà tanta energia. Lungo il percorso ci sono tanti tifosi juventini che non si tirano indietro dall'incoraggiarmi e a mostrare il loro tifo per i colori bianconeri. Poi ci sono anche i granata, come è logico che sia a Torino. C'è chi si limita a dire “Forza Toro” (e ci sta) e c'è chi è decisamente più fastidioso e farebbe più bella figura a stare zitto. Per buona educazione non mi permetterei mai di insultare un podista con la maglia dell'Inter o del Milan, solo perché sostiene tifa una squadra diversa dalla mia. Esattamente come non ho contestato (ma che in fondo ho ammirato) il maratoneta tifoso del Napoli che corre i suoi 42,195 chilometri con davanti la bandiera della squadra partenopea. Siamo tutti atleti oggi, con le nostre fatiche e sofferenze, al di là di qualsiasi fede calcistica. D'altronde, non posso pretendere civiltà dal popolo italiano che, quando si parla di calcio, è il più incivile d'Europa. L'episodio più increscioso comunque, lo tengo ancora per me, e lo rivelerò al momento giusto.

Immortalato da Cico presso l'Ippodromo di Vinovo

Poco prima dei dieci chilometri avviene un incontro fortuito e divertente, quello con Silvia. Non mi riconosce subito, ma io riconosco lei. E scoppia in una gran risata, non aveva capito che ero io! Beh, abbigliato in quella maniera ero irriconoscibile ma assai apparente allo stesso tempo. Poi allunga, e non la vedrò più, anche lei, se non in foto… Un altro piacevole incontro avviene nel punto più a sud del percorso, presso la rotonda dove si trovano l'ippodromo di Vinovo e il centro di allenamento della Juventus. È Cico, pronto ad immortalarmi con i suoi potenti mezzi fotografici. Una brevissima pausa per un saluto e poi si ricomincia. Peccato che non abbia potuto farmi fotografare con la scritta che avevo preparato per coprire lo sponsor della maglia bianconera, “Turin à l'è bianca e neira!”, rovinatasi irrimediabilmente durante uno spugnaggio (quello dei 12.5 chilometri). Sarebbe stato stupendo! Rimane solo quella posteriore...
Dall'ippodromo di Vinovo si svolta rapidamente verso destra verso Stupinigi. Davanti alla Palazzina di caccia inizia il lunghissimo rettilineo che porta fino al quartiere di Mirafiori. Si corre la seconda parte della TuttaDritta al contrario, in pratica. Qui inizio a sentire che le gambe non sono più quelle dell'inizio e pian pianino il passo si alza, lentamente ma in maniera inesorabile, sempre più vicino ai 5'/km e oltre. Fortuna che qualche tifoso della Juventus c'è e fa sentire forte il suo sostegno.

Un keniota, come al solito: è Patrick Terer a bissare, con il tempo di 2.08.52, il successo della scorsa edizione

Il momento chiave della mia maratona è intorno al chilometro 28: a due terzi di gara, infatti, si percorre Via Tirreno. È una via in leggerissima salita, ma lunga e costante, di quelle che si fanno sentire nei muscoli. Al suo termine, quando si svolta in Corso Brunelleschi, non sono più quello di prima, le gambe sono ormai perse. Ho pagato il dazio di Venezia, la luce si è spenta. L'unica cosa da fare in questi momenti è tenere duro e arrivare in fondo, cercando di godersi l'atmosfera di Torino e della sua platea. Gli ultimi dieci chilometri sono quelli che immergono il podista nel vero spirito di Torino, e vanno assaporati fino in fondo.

Braccia al cielo in Piazza Castello

Ma questi ultimi dieci chilometri sono un'infinità: al passo che sto tenendo vogliono dire quasi un'ora di corsa se non di più. Il passo si aggira infatti tra i 5'30” e i 6/km se non oltre. I grandi viali che caratterizzano Torino, Corso Vittorio Emanuele, Corso Galileo Ferraris e Corso Duca degli Abruzzi sono ampi e danno al podista la sensazione dell'irraggiungibile, del tremendamente infinito. Corso Galileo Ferraris poi, è il più severo di tutti. Quando si svolta a sinistra per imboccarlo in direzione nord, compare subito la sagoma del Monumento a Vittorio Emanuele II. Sembra a portata di mano. Macchè, è più di un chilometro e mezzo, tutto da correre con i denti stretti. Non finisce mai. Le gambe stanno sempre peggio. Sono continuamente sorpassato. Trovo un po' di refrigerio per le mie gambe ai rifornimenti. Non ho obiettivi oggi, tantomeno quando il tuo passo si alza sopra i 5'/km. E allora fermiamoci, beviamo e mangiamo con calma, dopo si riparte.
L'ultimo rifornimento è in Corso Sommeiller. Da lì, si svolta a sinistra in Via Sacchi e più nessuna vera curva fino all'arrivo. Poco oltre l'ultima curva incontro Luca, un maratoneta veneto, gran tifoso della Juventus (siamo ovunque, noi juventini!). Vuole arrivare al traguardo con uno juventino. Averlo incontrato è fondamentale, si parla un po' della nostra squadra, di ciò che è ora e che sarà in futuro. E intanto il tempo scorre, anche lo sforzo sembra venir meno. A lui andrà, con sincera allegria, la rimanente scritta “Turin à l'è bianca e neira!”, quella attaccata sotto il numero 21 della mia maglia bianconera.

E sono tre: lo juventino avrà sicuramente capito che non sto parlando di maratone...

Poi si entra nel magico ultimo chilometro di corsa. È sempre fantastico correre in Via Roma! Esattamente come un anno fa, Via Roma risplende di luce, il sole rischiara il palcoscenico della Turin Marathon. Ed esattamente come un anno fa, vado ad incitare la gente, ad invitarla ad alzare il livello di rumore, a far esplodere il tifo per i maratoneti. Torino non resta muta, e si eleva forte il coro di incoraggiamento. Questa città, questa gente, questa passione, questi sfondi a me tanto cari, danno ulteriore grinta ed inattesa energia per chiudere per la quarta volta i mitici 42,195 chilometri, ancora una volta in Piazza Castello.

Giù il cappello in Piazza San Carlo!

Ma la carica più importante, quella decisiva, è ancora una volta quella di Giulia. Come tre settimane prima in Piazza San Marco, anche stavolta è lì ad aspettarmi in Piazza San Carlo. La vedo e mi preparo per il rito. Mi tolgo il copricapo da menestrello indossato con orgoglio fino a quel momento, perché il vero juventino si toglie sempre il cappello di fronte alla sua signora. E poi la bacio. È una giusta ricompensa per me e per la mia fatica, forse la sofferenza più grande da quando corro, è una giusta ricompensa per lei che ancora una volta ha saputo aspettarmi all'arrivo con estrema pazienza. È la scarica di adrenalina che mi porta fino all'arrivo, per poter fare quegli ultimi metri con ancora più esultanza. Le gambe improvvisamente non fanno più male, sembra di volare. Non è un luogo comune, o una semplice sensazione. Nonostante tutta la fatica accumulata (e con parte della Venice Marathon ancora nei muscoli), riesco a correre 4'30”/km gli ultimi metri! Che potere straordinario, quello di un semplice bacio.

Il momento più atteso da 42 chilometri...

All'arrivo giungo in 1954° posizione (137° di categoria), risultato tutt'altro che esaltante, ma non era il piazzamento ciò che mi interessava. Tempo finale: 3.48.55 il tempo di gara, 3.48.41 il tempo reale, chiusura ad un passo di 5'25”/km, quasi un minuto in più ad ogni chilometro percorso, rispetto a Venezia. Era prevedibile. La prestazione è stato un lungo decrescere: i primi dieci chilometri sono stati percorsi a 4'53”/km, dai 10 alla mezza maratona a 5'05”/km, il tratto 21-30 chilometri a 5'19”/km e poi il tracollo finale nell'ultimo settore, dal chilometro 30 all'arrivo in 6'12”/km.

La medaglia, il mio quarto riconoscimento alla fatica della maratona

Una maratona lenta e dura, la mia. Ma chissenefrega, tutta la fatica è ricompensata negli ultimi chilometri da questa città, da questa gente, da Giulia, dalla letizia che un maratoneta torinese trova nel correre nella propria città, tra i luoghi che l'hanno visto crescere e diventare uomo. L'avessi fatta anche in cinque ore e mezza, arrivando in ultima posizione, non sarebbe cambiato assolutamente nulla!

E ora, relax.

Ora, inizia un lungo periodo di riposo, lontano dalle corse. Necessito di recuperare energie a tutti i livelli, sia fisico che mentale. Anche la testa inizia a sentire, dopo mesi di severo rigore alimentare, la mancanza di qualche piacere a tavola, tra cui un po' di parmigiano, un buon bicchiere di vino durante i pasti e un bicchierino di genepy valdostano (che tra l'altro ho lasciato a casa, sigh). Non è che non correrò più fino al 2014, no di certo, correre non è un obbligo ma un piacere e allora lo farò nella maniera più istintiva. Lo farò perché è bello correre, perché questo gesto così spontaneo mi riporta ad una più primitiva essenza, perché mi rende felice, autenticamente. Da gennaio, si ricomincerà a fare sul serio. Ma questa è un'altra storia, un altro capitolo del mio libro. Mi raccomando, mettete il segnalibro…
Bis bald!
Stefano

Ps: il mio look non è passato inosservato ed è valso qualche inquadratura da parte di RaiSport e un servizio all'edizione regionale del TG3. Se riuscissi a trovarli, li posterò di certo…

1 commento:

  1. Mitico. Grande ammirazione per la perseveranza e l'entusiasmo contagioso.
    MC

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