giovedì 1 agosto 2013

L';hai detto, hermano! - La salita al Monte Perdido

Ciao a tutti!
Il secondo arretrato causa rete mobile assente nei Pirenei spagnoli è il racconto della giornata più attesa dell'intero trekking, della giornata più scenografica e panoramica, di una delle mie esperienze alpinistiche più avvincenti della mia vita. Non potrebbe essere altrimenti dato che ho vissuto, qui in terra spagnola, qui in terra pirenaica, il battesimo di picca e ramponi. Per un escursionista abituato alle Alpi, è qualcosa di anomalo ma ciò non toglie la gioia della conquista della terza vetta pirenaica per altitudine, il Monte Perdido.

Picca e ramponi, e su per il Perdido!

Tutto comincia con una serie di "gialli" dal lunedì dell'arrivo al Rifugio Goriz. I nostri capogita vengono a scoprire, parlando con i rifugisti, che alcuni tratti della salita sono interamente coperti da neve dura. Il tratto più critico è il ripido canalone che porta quasi in vetta al Monte Perdido, e necessita, secondo il consiglio dei rifugisti (e non solo, anche di alcuni escursionisti appena scesi) dell'uso di piccozza e ramponi. Purtroppo, anche qui come sulle nostre Alpi, la primavera nevosa si è fatta sentire.

Il ripido canalino innevato che porta alla sommità del Monte Perdido

Tra noi, comunque, nessuno ha a disposizione l'attrezzatura necessaria per affrontare la salita al Perdido. Nessun problema: il rifugio ha a disposizione, previa quota di affitto, sedici "kit" (che poi diventeranno ventuno) che constano di piccozze e ramponi. Essendo in ventisette, inizialmente pensiamo ad organizzare due turni di salita per poter concedere a tutti il gusto di conquistare la vetta del Perdido. Alcuni danno forfait, utilizzando i più vari motivi, e in questo modo riusciamo a non doverci organizzare in turni.

Progressione in salita, direzione Monte Perdido

Il piano di azione concordato lunedì sera prevede una salita in due gruppi totalmente indipendenti tra loro: un primo drappello, con i più esperti e veloci, e un secondo, più numeroso e più lento, con il resto della compagnia tra cui me, assolutamente inesperto in tema di picche e ramponi. Il percorso è assolutamente escursionistico fino al Cuello del Cilindro, il passo da dove parte l'ultimo tratto di ascesa (trecento metri circa di dislivello) lungo il ripido canalino tra il Monte Perdido e il Dedo del Monte Perdido normalmente detritico ma al momento ricoperto da neve dura. Cena alle 19 e tutti a nanna, all'indomani si fa sul serio.

Il Cilindro de Marborè e il Lago Helado


Sveglia alle 5.30 e fuori sta albeggiando, ma è già chiarissimo che meteorologicamente parlando sarà una giornata eccezionale, nessuna nuvola offusca il cielo. Tripla razione di caffelatte iperzuccherato e poi fuori all'aria fresca a preparare l'attrezzatura. Stefano, già reduce da più escursioni su ghiacciaio, mi guida e mi assiste nella fase di preparazione: regolazione e fissaggio dei ramponi allo scarpone, fissaggio della piccozza allo zaino e due regole di base sull'utilizzo dei ferri. Falcata a gambe più larghe, piccozza sempre attaccata al polso della mano verso il lato montuoso, con punta in avanti in salita e indietro in discesa, salita con le punte dei piedi e discesa con i talloni, come già ricordato da Davide e Silvia il giorno prima. Ed è così che con zaino leggero partiamo alla volta del Perdido.

Anche sul Monte Perdido, Giulia è sempre con me...

Il tempo è fantastico, nessuna nuvola nel cielo di Aragona, ma c'è ancora poca luce alla partenza, è il massiccio Perdido a farci ombra. Non male, se non dal punto di vista fotografico: lungo la salita si incontrano varie cascatelle, strati di roccia multicolore e dalle forme bizzarre. Quando la luce inizia a filtrare, lo spettacolo diventa immenso sul largo canyon della Valle de Ordesa con le sue strapiombanti rocce e i pendii fioriti di giallo. La testa si gira sempre a sinistra e l'indice della mano destra scatta in continuazione, come potrebbe essere altrimenti? La salita prosegue su un sentiero spesso interrotto da salti di roccia sui quali è necessario riporre i bastoni da trekking per poter utilizzare appieno le mani durante la salita. Tra un salto di roccia e un nevaio si arriva al Cuello del Cilindro, posto tra il Cilindro de Marborè e il Monte Perdido. In corrispondenza di questo colle si trova un lago, il Lago Helado, una vera meraviglia della natura tra due meraviglie montuose. All'ombra, al sole, mattina o pomeriggio, questo lago attrae continuamente lo sguardo.
Appena sopra il lago compare il canalino nevoso che porta in cima. Quando è ora di montare i ramponi, vediamo i nostri compagni salire su e si vede che è ripido. Il canale fa impressione, è parzialmente coperto da neve (solo in cresta potrebbe essere libero dalla neve) e appare veramente con una pendenza non da poco.
Il momento di mettere i ramponi agli scarponi è una vera emozione, è la prima volta per me. Ascolto tutti i consigli di Stefano e mi ritrovo in pochi minuti, tutto sommato, con delle punte di alluminio ai piedi e con una piccozza in mano. Sensazioni fantastiche, mi sento un vero alpinista, ora. Inizio la salita, facendo sempre bene attenzione in che lato si trova la piccozza. La salita è ripida, si, ma non procediamo velocemente, siamo spesso fermi. Ci sono molti gradoni, creati da chi è già passato in precedenza, che affronto in grande scioltezza; dopo, un breve traverso in cui faccio affidamento sulla tenuta dei ramponi, nonostante la sensazione sia quella di camminare su una buccia di banana. Superato il traverso, ritornano i gradoni ripidi fino ad un pianoro che è l'anticamera della vetta. Togliamo i ramponi per gli ultimi fatidici metri di salita.

Il Monte Perdido è conquistato!

E poi...ti lasci semplicemente trasportare dall'entusiasmo. Raggiungere questa cima, lontano dalla tua terra, dopo avere messo per la prima volta i ramponi ed esser salito con la piccozza lungo un canalino innevato tutt'altro che banale, ed avere i Pirenei ai tuoi piedi, è una soddisfazione difficile da ritrovare altrove. Forse solo la mia prima Alta Via, in Valle d'Aosta, o la mia prima maratona, a Torino, mi ha regalato un'immensa gioia dentro di me paragonabile alla salita del Perdido.

Bei panorami dal Perdido...

In cima, è tutto un battere il cinque, complimentarsi con i compagni di scalata, farsi foto a vicenda, anche le più assurde (grazie, Silvia) o quelle pensate a chi mi aspetta a casa. Che bello fare la foto di gruppo, coinvolgendo anche due ragazzi estranei al nostro gruppo (lui israeliano e lei cilena) che ci hanno seguito sull'itinerario percorso, che bello sentirsi in cima al mondo, proprio lì dove attorno nulla è più in alto di te. Potrei anche evitare di dirlo per non sembrare banale e ripetitivo, ma ciò che si vede da laggiù, ciò che lo sguardo può raggiungere dalla vetta del Monte Perdido, non si può descrivere, va vissuto. Non bastano parole, scritte o parlate, racconti o aneddoti, bisogna esserci per poter comprendere fino in fondo. In cima sei veramente "perdido", e non tra le nuvole (che è il significato del nome di questa cima), ma in una travolgente tempesta di gioiosi stati d'animo.

Il canyon della Valle de Ordesa visto lungo la discesa dal Perdido

Un veloce spuntino e poi giù di nuovo per il canale innevato. È mezzogiorno e la neve è ormai marcia. Presi dall'entusiasmo per la vetta raggiunta, c'è chi corre sul nevaio; c'è chi, come me, preferisce togliersi per un attimo i ramponi per scendere a razzo lungo i detriti non coperti dalla neve; c'è chi, come tutti, non la smette di ridere e scherzare, perché in quei momenti può passarti di tutto per la mente ma nulla al mondo ti può negare la felicità di questo traguardo.
Neanche la malinconia che provi in discesa, dopo aver intuito che stai veramente per lasciare questo posto, può offuscare quelle magnifiche sensazioni che si hanno quando ti volti verso la vetta e pensi: "Si, io là ci sono stato realmente!".

Via i ramponi per un'ultima foto di gruppo della giornata


Non è un sogno, Stefano. Lì ci sei stato, ed è stato fantastico!
Buonanotte e a presto!
Stefano

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